Alla vigilia del GP dell’Arabia Saudita Hamilton non nasconde la propria preoccupazione per la risposta della sua W13. Ecco il motivo.
In Bahrain è riuscito a salire sul podio aiutato dal doppio ritiro della Red Bull, ma guardando al prossimo round in programma a Jeddah nel weekend, Lewis Hamilton è tutt’altro che tranquillo. Il feeling al volante della sua Mercedes non sono state affatto soddisfacenti, e il disegno estremo della vettura nell’area delle pance ha portato più handicap che benefici.
Per questo motivo, facendo una previsione sul suo fine settimana saudita, il sette volte iridato ha messo in conto nuove difficoltà, specialmente per questo riguarda il porpoising. Quel fastidioso fenomeno di saltellamento che si presenta quando si superano i 250 km/h di velocità e legato al downforce creato dall’effetto suolo.
Se la Ferrari pare aver risolto o limitato la problematica grazie al lavoro in fabbrica, per le Frecce d’Argento la strada è ancora lunga, come riconosciuto dallo stesso Ham.
“A meno che non si riesca a trovare una soluzione immediata, soffriremo anche nella prossima gara gareggiando su un tracciato con rettilinei piuttosto lunghi“, ha annunciato. “Detto ciò nel team c’è gente molto preparata e capace, che si sta impegnando per risolvere la questione”
Al di là della speranza e dalla fiducia nel suo gruppo, il 37enne ha ammesso di non aver mai visto nulla di simile su una monoposto. “Le vetture non sono pensate per sobbalzare in questo modo“, ha asserito allarmato. “Acquisti e perdi carico di continuo ogni volta che vai su e giù. Per adesso siamo stati in grado di renderlo meno evidente, sebbene non sia ancora piacevole per la schiena e per il collo. Comunque speriamo di migliorare ancora“.
La sensazione di essere in mezzo alle onde non solo è negativa per chi è alla guida, ma inficia altresì le prestazioni sul giro secco e sulla distanza. Inoltre la gestione gomme diventa più complessa.
“Non riusciamo ad avere il carico di cui avremmo bisogno ed è per questo motivo che siamo lontani dagli altri“, ha sentenziato infine l’asso di Stevenage.
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