Rafa Benitez racconta il suo dramma: “Ecco cosa ho vissuto in Cina”

L’incredibile racconto della quarantena vissuta in Cina da Rafa Benitez, non poteva uscire dalla stanza ed aveva un braccialetto.

Rafael Benitez (Instagram)
Rafael Benitez (Instagram)

Un uomo molto preparato culturalmente, oltre ad essere un gran conoscitore di calcio e persona perbene. Rafael “Rafa” Benitez, si è fatto in passato, conoscere ed apprezzare anche in Italia, dove ha allenato Inter e Napoli, presenziando sin da subito a conferenze stampa con un sorprendente, perfetto italiano.

Dopo aver salutato il vulcanico De Laurentiis (che propone una nuova Superlega), al buon Benitez non è stata concessa altra panchina italiana, o forse lui ha rifiutato le nuove proposte. Ad ogni modo, dopo Real Madrid e Newcastle, il tecnico è stato anche in Cina, dove ha vissuto dei momenti difficili.

Rafa Benitez: in Cina una vera prigione

Infatti Rafa, ha allenato dal 2019 al 2021, il Dalian Yifang, che dal 2020 è stato rinominato, Dalian Renzhiye. Non è sportivamente, che l’allenatore spagnolo ha avuto una brutta esperienza, ma si parla di un vero e proprio momento difficile da vivere, visto che l’iberico era in Cina, proprio nel bel mezzo del peggior momento di pandemia.

Oggi, Benitez allena l’Everton ed in Inghilterra, dove è molto conosciuto ed apprezzato da anni, visto che aveva allenato in Premier League già altre tre squadre, è stato intervistato dal Daily Mail. Quella di quando sono tornato in Inghilterra e sono stato chiuso in casa non era una vera e propria quarantena. La quarantena vera è quando sei in un albergo, ti bussano alla porta alle sette di mattina, all’una di pomeriggio e poi di nuovo alle sette di sera e ti passano il cibo e le mascherine. Quando hai un braccialetto con il tuo nome e non puoi lasciare la stanza perché sei sotto strettissimo controllo. Quella è una quarantena”, ha raccontato il tecnico, facendo appunto riferimento a quanto vissuto in Asia.

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L’ex allenatore di Inter e Napoli, ha poi aggiunto: “È un qualcosa di totalmente differente da quella vissuta in Europa. Guardavo le partite, leggevo, passeggiavo dentro la stanza. Quando ero a Hong Kong la mia prima stanza era di settanta passi, quindi potevo farmi una passeggiata all’interno. La seconda era più piccola, solo 50”.

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