Un interessante aspetto mentale del direttore esecutivo Mercedes, alle soglie del nuovo campionato: ecco come lavora Toto Wolff.
Certamente c’è da ammettere che Toto Wolff, legatosi alla Mercedes fino al 2023, ma con cui sicuramente continuerà ancora più a lungo, è una delle personalità della Formula 1, più affascinanti in circolazione. Sempre concentrato sul lavoro, ma anche simpatico e disponibile per un’intervista o la richiesta di qualche fan, senza mai perdere di vista i risultati.
In tanti lo vorrebbero proprio in Ferrari e non ci sarebbero tante difficoltà per lui a trasferirsi in un Paese dove ha già vissuto e di cui parla perfettamente la lingua, ma per ora l’austriaco, farà la fortuna dai box, di Lewis Hamilton, di nuovo in lotta per il titolo e di George Russell, nuovo volto Mercedes.
Opinionisti, tifosi e persino compagni di lavoro stessi, si sono sempre interrogati sulla questione: godersi le vittorie o non distrarsi mai? Effettivamente, un dilemma non di poco conto. Lo sport da sempre si divide infatti, in questi due filoni, neanche tanto celati, di individuo in individuo. Si capisce subito chi riga dritto alla ricerca della perfezione, anche dopo aver battuto tutti e chi invece, ha il sangue caldo dopo un successo ed ha bisogno di celebrarlo.
Nessuna delle due è una forma sbagliata di rendere unica la giornata finale, è ovvio, forse con la sola differenza che il secondo esempio spesso, è quello che piace un po’ di più ai fan che ogni tanto, vogliono scoprire anche il lato umano ed emozionale, dei propri beniamini. Ma Wolff, non è della stessa opinione. Lo ha lasciato intendere ai microfoni di Frankfurter Allgemeine in una recente uscita.
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Il dirigente sportivo viennese, che pochi giorni fa è tornato sul disastro della FIA ad Abu Dhabi, senza ancora essersi arreso, ha parlato di un aspetto di cui tanti fan sono curiosi di sapere: come si comporta un direttore esecutivo, quando arriva un trofeo. Senza peli sulla lingua, l’austriaco ammette di avere in casa solo due trofei e di lasciare sempre spazio, per quelli nuovi. Una forma sicuramente figurativa di pensare che per le vittorie, spazio ce ne sarà sempre, come lui ammette.
“Sono pericolosi, – spiega parlando dei trofei – sono reliquie del passato, non contano nulla nel presente e non ci si dovrebbe mai beare dei successi ottenuti in precedenza”. Poche ore di gioia, giusto il tempo di condividere il relax con la squadra, e poi si lavora, come ancora Wolff spiega a modo suo: “I momenti di soddisfazione devono esserci, altrimenti non c’è equilibrio. Per me, però, durano poco, giusto il volo di ritorno per tornare a casa. Dal giorno dopo è tempo subito di pensare al prossimo appuntamento, una nuova gara da vincere”.
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