Le intenzioni di Davide Brivio sembrano quelle di continuare in Alpine, ma non per sempre: c’è però chi gli consiglia di fare una scelta.
Davide Brivio è un dirigente sportivo italiano, nato nel 1963 ed ha una particolarità: ha lavorato sia in MotoGP che in Formula1. Generalmente, chi si specializza per uno sport, poi resta all’interno dell’ambiente e al massimo cambia più volte scuderia, ma il monzese non si è fatto mancare niente, arrivando dalle due ruote, alla Alpine, che oggi vede due grandi piloti come Ocon ed Alonso, al volante.
Forse non è proprio questo, il momento di lasciare, visto che lo stesso Fernando Alonso si dice convinto di poter vincere in Alpine, eppure il monzese, sembrerebbe proprio ora voler tornare alle origini. L’ex team manager di Valentino Rossi sembrerebbe voler tornare infatti al mondo delle moto.
Una scelta che però non ha ancora ufficialmente annunciato, quella di voler tornare alla MotoGP. Probabilmente almeno nel 2022, non abbandonerà la scuderia francese di F1, altrimenti si immagina, l’annuncio sarebbe già arrivato, con scuderie e piloti che sembrano essere in vacanza, ma che mentalmente già preparano la stagione con inizio al prossimo marzo.
C’è anche concorrenza per accaparrarselo, perché il dirigente classe ’63 risulta tra i migliori della storia ed ovviamente, le statistiche parlano da sole. C’è però anche chi critica il suo modo itinerante di cambiare non team, ma più volte sport. L’amministratore delegato del gruppo Renault, Luca de Meo, ha aperto così al tema: “Davide ha il suo posto nella squadra. Penso che sia una persona che ha molte qualità umane di cui avevamo bisogno per connettere le persone. Ha una grande sensibilità per sviluppare il talento dei giovani, dei piloti. Ha la sua posizione, deve decidere, ma mi sembra che abbia tutta l’intenzione di seguire l’integrazione in un mondo molto diverso'”.
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Intervistato infatti dal quotidiano spagnolo che si occupa spesso di sport e motori, Marca, de Meo ha poi ricordato un aneddoto: “Gli racconto sempre la mia storia personale. Quando ho lasciato la Fiat per la Volkswagen, non parlavo una parola di tedesco, e in Italia ero un ‘semidio’, perché parlavo con Marchionne e abbiamo ribaltato la Fiat. Mentre quando sono arrivato a Wolfsburg, sono stato trattato come uno scolaretto…“.
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